In occasione della Giornata nazionale, un bilancio della
forestazione italiana. Superficie raddoppiata nel giro di mezzo secolo,
ma il bosco per diventare una vera ricchezza deve essere curato - ROMA - Per Kahlil Gibran erano "liriche che la terra scrive sul cielo", per Joyce Kilmer le poesie di Dio, per Gandhi il simbolo della realizzazione di ogni sforzo umano. Idolatrati e martoriati, gli alberi sono sempre stati destinatari di molte parole e pochi fatti, soprattutto a livello di tutela. Il 21 novembre l'Italia ha deciso di dedicar loro una giornata nazionale, in memoria di Sandro Usai e di tutte le vittime delle alluvioni di tre settimane fa, dato che è stata anche la mancanza di gestione forestale ad aver provocato 18 morti fra Liguria e Toscana. Una ricorrenza simbolica che chiude l'"International Year of Forests - Anno Internazionale delle Foreste" e che servirà a far riflettere sull'importanza di questi "pilastri della terra" che ci sostengono producendo ossigeno, contenendo le piogge, ospitando e nutrendo gli animali e fortificando gli argini dei fiumi. Malgrado l'urbanizzazione feroce e l'abusivismo edilizio siano piaghe diffuse, il nostro paese è ancora tappezzato da Nord a Sud di boschi splendidi e negli ultimi 50 anni la superficie forestale è addirittura raddoppiata.
Un dato che da un lato è positivo, ma che dall'altro è sintomo dell'abbandono delle aree rurali da parte della popolazione e della riconquista da parte del bosco di quei territori che una volta erano coltivati o abitati. Secondo il Corpo Forestale dello Stato, gli alberi sul territorio sono 12 miliardi, quasi 200 per ogni italiano, 1360 per ettaro, e tra le specie più diffuse il primato spetta al faggio, con oltre un miliardo di esemplari che ricoprono quasi tutti gli Appennini. Il più "famoso" è invece l'abete rosso, il tradizionale albero di Natale, diffusissimo sulle Alpi. L'intenzione di preservare questo patrimonio e gestirlo in modo sano è dimostrata dall'aumento esponenziale di boschi con marchio PEFC (Programme for Endorsement of Forest Certification schemes), il sistema di certificazione più diffuso al mondo, che attesta che una foresta è gestita in modo sostenibile. "Il concetto di sostenibilità è molto ampio - spiega Antonio Brunori, segretario generale PEFC Italia - e significa che quel legno proviene da una foresta controllata, che non sparirà mai, perché tutti gli alberi tagliati verranno sistematicamente sostituiti da altrettante piante. Non solo: il legno certificato proviene da foreste dove le persone lavorano nel rispetto dei diritti sociali e delle norme di sicurezza, quindi al vantaggio per l'ambiente si aggiunge quello per la società". Al momento in Italia sono certificati 773.667 ettari di foresta, che corrispondo all'8,5% della superficie totale a bosco; 744.538 con lo schema PEFC e 59.456 con quello FSC (che sta per Forest Stewardship Council, ente che garantisce la provenienza ecosostenibile del legno), oltre a 28.925 ettari con doppia certificazione PEFC-FSC (16.347 ettari in Lombardia e 12.578 in Trentino). "Il maggior interesse alla certificazione forestale - spiega ancora Brunori - lo hanno dimostrato Paesi importatori di legname come Francia, Gran Bretagna, Germania e Olanda, che con gruppi ambientalisti molto attivi hanno fatto pressioni a livello politico e sull'opinione pubblica, precedendo molti altri Stati nello stilare una propria politica per l'acquisto di beni cosiddetti "verdi", cioè il Green Public Procurement (GPP)". In Friuli è persino stata già costruita la prima casa fatta interamente con legno certificato PEFC: a realizzarla è stato l'ingegnere Samuele Giacometti, che al progetto "Sa Di legno", frutto di un sogno che lo ha portato a trasferirsi da Bologna in Carnia con la moglie e i tre figli un anno fa, ha dedicato il libro "Come ho costruito la mia casa di legno" (Compagnia delle foreste). A vederla da fuori la sua sembra un'abitazione normale, ma basta entrare per sentire che le pareti, le sedie, i tavoli e persino i giochi dei bambini (tutti realizzati con i tronchi di 43 alberi acquistati dalle foreste certificate locali) "sanno di legno", hanno cioè l'odore della natura. Ma le abitazioni sono solo la punta di un icerberg. "Sempre in Friuli - continua Brunori - esiste una birra certificata PEFC, a base di pino mugo e pino silvestre, provenienti da boschi controllati. A produrla è il Birrificio Artigianale "Foglie d'erba" e si tratta della prima esperienza a livello internazionale di birra aromatizzata con prodotti forestali e provenienti da foreste certificate". Seguendo la stessa logica, grazie all'Associazione Muzzana Amatori Tartufi, è nato anche il "tartufo bianco certificato", e molte altre realtà economiche italiane stanno aderendo al circuito della gestione attiva forestale. Per i prodotti in legno e cellulosa (cioè certificati con la "catena di custodia"), in Italia ci sono esattamente 1.300 aziende di trasformazione con marchio PEFC e FSC. La loro materia prima sono appunto i boschi nostrani, per fortuna in continua espansione, in linea con le richieste del Protocollo di Kyoto. "La crescita si attesta intorno allo 0,3 % annuo - conclude Brunori - l'equivalente di 4 metri cubi per ettaro. Un dato che ci permetterà di detrarre dalle nostre emissioni circa 25 milioni di tonnellate di carbonio, risparmiando due miliardi e mezzo di euro di sanzioni". La conoscenza puntuale e precisa degli ecosistemi forestali assume dunque oggi un valore mai considerato prima. Utile all'ambiente e all'economia, nell'interesse nostro e delle generazioni future.Fonte: La Repubblica.it
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